Solidarietà: in viaggio verso i Paesi Balcanici devastati dal terremoto

22/02/2021

È stato un piacere poter partecipare, insieme a tante persone fantastiche, al compleanno solidale di Gianpietro Dal Ben, amico e presidente della Onlus Energia & Sorrisi.
Nel nostro piccolo abbiamo portato un po’ di aiuti e speranza a questi Paesi dei Balcani devastati dal terremoto, dove le condizioni di vita sono difficili, quasi impossibili da immaginare nel 2021.

Anna ci racconta il viaggio...

 

Questa volta partiamo, Baloo ed io, non sulla mitica Land Rover, ma con il nostro comperino Possl, per fare da supporto logistico ai componenti della nostra associazione Energia & Sorrisi Onlus, impegnati in una missione umanitaria sulla rotta Balcanica e nei territori martoriati dall’ultimo terremoto in Croazia.

Si parte di buono mattino il giorno 12 febbraio 2021 ed è il nostro Charity Birthday Rally, si perchè il nostro presidente nonchè amico Giampietro Dal Ben, ha deciso di festeggiare il suo compleanno con una missione umanitaria che ci ha coinvolto a vari livelli, chi è rimasto a casa ha lavorato sodo per preparare gli scatoloni con giubbotti, vestiti pesanti, scarpe, coperte e alimentari. Abbiamo bussato a tante porte e tante porte ci sono state aperte, amici, finanziatori sconosciuti, supermercati, lyons, parrocchie, privati, imprenditori, associazioni, scout, alpini, San Vincenzo, ognuno ci ha aiutato, chi con donazioni, chi mettendo a disposizione il proprio tempo libero, chi dandoci disponibilità di trasporto da una regione all’altra del materiale raccolto, chi dandoci addirittura i camion...

e così inizia la nostra avventura solidale. Andiamo incontro ad un viaggio mai fatto, in terre mai attraversate. Solitamente il nostro scenario è l'Africa, dove portiamo gli aiuti a seguito dei Rallye, ma qui nei Balcani e soprattutto lontano dalle mete turistiche, nessuno ci è mai stato.

 

Si forma il gruppo: amici nuovi e amici già conosciuti, abbiamo anche due Don: Don Edy e Don Emanuele, che ci accompagnano con il loro pulmino carico di aiuti, due persone stupende, entusiaste ma soprattutto con un grande cuore!

 

La nostra prima tappa è Glinar in Croazia, dove arriviamo nella freddissima sera di venerdì 12 febbraio.

Ancora non si percepisce la gravità dei disastri, perchè la notte ci avvolge nel suo freddo mantello. Riusciamo a scaricare un camion presso un magazzino messo a disposizione da un privato. I miei compagni avevano previsto di dormire nei cassoni dei camion e dei furgoni, ma il freddo è veramente tanto, siamo già a -6°C, impossibile pensare di dormire così. Don Edy ci trova miracolosamente un contatto di un suo conoscente frate, dal nome impronunciabile, ma che battezziamo subito Fra Cristoforo. Questi ci apre le porte del suo piccolo convento, ci fa dormire al caldo, e la serata passa tra musica e canti (Don Emanuele ha portato una chitarra e Luciano intona le canzoni più belle). Io dormo in camper, ma alle 04.55 ci sveglia una forte scossa di terremoto. Ci dicono che le scosse si susseguono, ma a noi spaventano veramente tanto!

La mattina ci mostra tutte le ferite di Glinar. Il centro sembra il day After, deserto, con le case che sembrano integre, ma, ad un occhio attento, si vedono tetti divelti e grandi crepe. Più avanti notiamo una, due, tre roulotte vicino a case mezze diroccate e poi, lungo la strada, macerie e ancora macerie, roulotte e bagni chimici. Il terremoto ha devastato e continua a devastare questa zona già martoriata, il freddo incombe sempre più,il termometro del camper scende in picchiata, la terra è gelata ed è ghiaccio ovunque.

 

Ci rechiamo nel vicino paese terremotato di Petrinja, e qui la situazione non è molto diversa da Glinar, se non che vi sono due enormi capannoni, uno della Croce Rossa, e uno della Protezione Civile, ma non sembrano molto organizzati, soprattutto nel tendone della Protezione Civile dove scarichiamo il secondo bilico di aiuti. Vi sono indumenti brutalmente ammassati, e fuori, coperti sommariamente da un telone, spuntano letti e materassi. Il mio pensiero è che se li lasciano lì, al freddo e all’acqua, molto presto saranno inservibili.

Nello scarico ci aiutano i ragazzi dell’esercito croato che, dopo aver capito in che modo vogliamo stoccare i nostri aiuti, in un clima di cooperazione iniziano a lavorare insieme a noi.

Ci dirigiamo quindi verso il confine con la Bosnia, ma stiamo uscendo dall’Europa e tutto si complica. Passiamo ben 26 ore in dogana. I militari cercano in tutti i modi il pelo nell’uovo per non far passare gli aiuti ai rifugiati, di andare a Lipa (il campo profughi devastato da un incendio) non se ne parla nemmeno, vietatissimo! Ma come sempre la nostra caparbietà vince sul freddo e sulla polizia di frontiera. Riusciamo a trovare un camion con targa bosniaca e in fretta trasbordiamo tutti gli aiuti dal nostro camion rimorchio a quello bosniaco: abbiamo ritrovato finalmente un escamotage per aggirare i vincoli doganali che impedivano al nostro mezzo di entrare in Bosnia e ci dirigiamo verso Bihac.

 

Lì ci hanno detto essere un campo non autorizzato, ma tollerato. Infatti, una persona di buon cuore ha dato a disposizione addirittura una collina intera affinchè i profughi potessero insediarsi. Lo scenario che ci si propone davanti è assurdo: gruppi di ragazzi provenienti dal Bangladesh, dall’Iran, dall’Irak, vivono (anzi sopravvivono) sotto tendoni di plastica arrangiati alla bell’emeglio in questo bosco, dal terreno gelato. La consistenza di questi teloni è come quella dei sacchi neri che usiamo abitualmente per la spazzatura. Il campo è attraversato da corde tese tra un albero e l’altro, che a prima vista sembrerebbe per stendere i panni. Invece le corde servono per tenersi in salita e discesa quando piove. Si perchè il terreno si trasforma in una melma impossibile.

Quà e là ci sono cani randagi che condividono con questi ragazzi gli avanzi di cibo che riescono a racimolare. E' una condizione disumana, alcuni sono senza scarpe, dicono che la polizia gliele ha portate via, che sono stati derubati dai pochi soldi che avevano portato con loro e che sono stati picchiati. Questi ragazzi hanno tra i 20 e i 25 anni, sono forti, diversamente non potrebbero resistere a quegli stenti. Accendono il fuoco dentro a dei cerchioni di camion per scaldarsi e per cuocere qualche uovo. Noi distribuiamo coperte, scarpe, cibo, in un ordine preciso e in un silenzio irreale. Ma per loro parlano gli occhi colmi di riconoscenza.

Stringe il cuore, e ricordi allora quelle frasi del catechismo che ti hanno insegnato da piccolo: "avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo freddo e mi avete coperto...". Mai e poi mai avrei pensato di incontrare una realtà così "realmente dura, vera, assurda".

Abbiamo distribuito in tre campi tutto ciò che avevamo, anche il nostro cibo tenuto per il ritorno!

Visitiamo anche una fabbrica abbandonata, rifugio di 400 migranti sempre provenienti dalle stesse zone. Hanno facce da paura, ma sono le loro facce, forse si accorgono del nostro atteggiamento un po' spaventato e ci rassicurano: "non avere paura, abbiamo solo fame e freddo!".

Ma la cosa che stride di più è l'augurio che i ragazzi, dopo aver ricevuto i nostri aiuti, ci ringraziano dicendo: good luck! Buona fortuna... a noi...!

Rientriamo in Italia. Al confine siamo fermati dalla finanza che ci chiede cosa trasportiamo: stanchezza, amarezza per ciò che abbiamo vissuto e la caparbietà che ci farà ritornare in quei luoghi, perché non è accettabile che esseri umani come noi possano nel 2021 avere fame e freddo, mentre il mondo si gira con indifferenza da un'altra parte.


Anna Chieregato

San Benedetto Camping Relais

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